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Filippo Lippi a Prato

Prato

Prato

Un itinerario alla scoperta delle opere di Filippo Lippi (1406 ca. – 1469) conservate in Toscana ha due fulcri principali rappresentati dalle città di Firenze e Prato.
A Prato dal 1452 al 1466 Filippo Lippi, con l’aiuto di Fra’ Diamante suo collaboratore, lavorò alla decorazione ad affresco della cappella maggiore della Pieve, oggi cattedrale. In tale impresa dipinse i Quattro Evangelisti nelle vele della volta, mentre alle pareti le Storie dei Santi Stefano e Giovanni Battista, l’uno titolare della chiesa e l’altro patrono di Firenze, con cui Prato era in stretti rapporti politici. Inoltre l’artista realizzò il disegno per la vetrata che raffigura La Vergine Assunta che consegna la cintola a san Tommaso, un soggetto caro alla comunità locale che tuttora custodisce la sacra reliquia nel Duomo. Patrono della cappella era il Comune di Prato che sin dal 1440 aveva stanziato una somma strepitosa per la decorazione: milleduecento fiorini d’oro.
Su indicazione del preposto Geminiano Inghirami, venne prima contattato fra’ Giovanni da Fiesole detto Beato Angelico, il quale nel 1452 giunse sul posto ma rifiutò l’incarico perché impegnato a Roma negli affreschi nei palazzi Vaticani. Interpellato in seconda battuta, il Lippi accettò senza esitazione la prestigiosa commissione e si trasferì a Prato portando con sé fra’ Diamante come aiuto. Organizzò quindi il proprio cantiere assumendo maestranze locali.
I lavori si protrassero nel tempo a causa di varie interruzioni, dovute anche alle vicende personali del Lippi, che nel 1456 si innamorò di Lucrezia Buti monaca del convento di Santa Margherita a Prato di cui l’artista frate carmelitano era divenuto cappellano. Nel 1465 Filippo concluse il ciclo pittorico probabilmente con la scena raffigurante Le esequie di santo Stefano dove il pittore ha ritratto, fra gli altri, se stesso con fra’ Diamante e il nuovo preposto Carlo de’ Medici, figlio naturale di Cosimo il Vecchio.
L’opera del Lippi nel Duomo pratese è uno dei più importanti cicli pittorici del Rinascimento, studiato da Michelangelo e lodato da Giorgio Vasari.
In ampie impaginazioni, in cui si alternano strutture architettoniche impostate con lucidità prospettica e grandiosi fondali paesaggistici, l’artista si sofferma a descrivere i volti dei personaggi dalle fisionomie ben definite e dalle espressioni vivide. Il pittore ha dato prova della propria sensibilità artistica, vivace e sensibile, rappresentando i tipi più svariati con ineguagliabile abilità, dalle figure feroci e rabbiose degli aguzzini di santo Stefano alla silhouette elegante leggera della Salomè danzante con un’espressione tristemente consapevole.
Durante tale soggiorno, il pittore realizzò altri dipinti per committenti pratesi e pistoiesi, mentre continuava ad assolvere a commissioni fiorentine. Filippo riuscì a sposare Lucrezia Buti, dopo aver ottenuto per entrambi il proscioglimento dei voti monastici. Dall’unione nacquero i figli Alessandra e Filippino, anche quest’ultimo pittore.