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Luoghi medicei nel Gonfalone del Leon d’Oro

San Lorenzo, via Larga (oggi via Cavour), piazza San Marco

San Lorenzo, via Larga (oggi via Cavour), piazza San Marco

Il gonfalone del Leon d’Oro era il più ampio delle sedici aeree urbane in cui era stata suddivisa Firenze con il riordino amministrativo del 1343. Il gonfalone, che apparteneva al quartiere di San Giovanni, aveva i suoi punti di riferimento principali nelle due chiese di San Lorenzo e di San Marco. La principale arteria era via San Gallo, antica direttrice che conduceva alla porta omonima in direzione del Mugello; lungo di essa si trovavano monasteri, confraternite, ospedali che ben si prestavano ad accogliere viaggiatori e passanti. Taverne e osterie erano concentrate nel primo tratto denominato borgo San Lorenzo. Fra via Guelfa e via delle Ruote c’erano soprattutto artigiani. Intorno alla chiesa di San Lorenzo si ammassavano edifici miseri e malsani, veri e propri tuguri mal frequentati. Invece nelle strade limitrofe si erano insediate famiglie di piccoli imprenditori e magnati. Fra queste strade (via Martelli, via Ginori, via Capponi) c’era anche via Larga di recente costruita, che segnava il margine orientale del gonfalone stesso e aveva un carattere residenziale. Qui, nel 1349 si trasferirono i Medici lasciando le loro abitazioni al Mercato Vecchio. Entro la fine del secolo acquistarono un piccolo palazzo e alcune case vicine che poi avrebbero riunito in una ristrutturazione realizzata fra il 1427 e il 1433 per volere di Giovanni di Bicci e dei figli Cosimo e Lorenzo. Già da una decina di anni, i canonici di San Lorenzo stavano programmando la ricostruzione della chiesa del quartiere e un risanamento della zona limitrofa. Giovanni di Bicci si inserisce fra i promotori dell’iniziativa facendo costruire al Brunelleschi la Sagrestia Vecchia e una cappella adiacente nel transetto sinistro. Allo stesso Brunelleschi spettò quindi il progetto dell’intera basilica, la cui realizzazione procedette molto lentamente. Giovanni de’ Medici aveva avviato una politica culturale che puntava a mettere in risalto l’immagine personale e della propria famiglia attraverso la promozione e il finanziamento di rilevanti imprese artistiche, segnatamente architettoniche, che dessero visibilità di fronte al quartiere e alla cittadinanza. Le scelte culturali furono ardite: commissionando la propria cappella funeraria a Brunelleschi, Giovanni optava per il linguaggio moderno per eccellenza, in linea con le istanze proprie dell’umanesimo fiorentino, in una conciliazione felice e originale fra tradizione medievale toscana, illustre e irrinunciabile e nuova concezione dello spazio e dell’uomo. Il figlio Cosimo il Vecchio seguì le orme del padre. Tornato dall’esilio nel 1434, volse però la sua attenzione verso l’altra importante chiesa del suo gonfalone, San Marco, appartenente ai padri silvestrini. Ottenuto il patronato grazie all’aiuto di papa Eugenio IV, Cosimo ne affidò la profonda ristrutturazione a Michelozzo , il suo architetto prediletto, e assegnò il complesso a un ordine religioso amico, i domenicani dell’osservanza di Fiesole. Cosimo segnava così un importante coordinata in quello che stava per divenire il quartiere mediceo di Firenze. Su via Larga, a nord del convento di San Marco, Cosimo trasferì in immobili di sua proprietà tre confraternite, per le quali i Medici avrebbero avuto sempre delle attenzioni particolari: i Fanciulli, i Tessitori, i Magi. In quei pressi acquistò un area verde che poi sarebbe divenuta il giardino di San Marco. Intanto entrato presto fra gli Operai di San Lorenzo, Cosimo se ne accollò quasi l’intero onere della costruzione poco dopo il 1440, quando ormai il proprio primato economico coincideva con il primato politico personale. In questi stessi anni cominciò a pensare alla costruzione di un nuovo palazzo su via Larga, che commissionò a Michelozzo, forse dopo aver vagliato e accantonato una proposta di Brunelleschi. L’edificio, che a Firenze sarebbe divenuto presto il prototipo dell’architettura civile rinascimentale, fu eretto in una posizione d’angolo con lo spigolo rivolto verso piazza San Giovanni, il centro religioso della città. Per la costruzione Cosimo fece abbattere propri immobili, fra cui l’Albergo di Santa Caterina, che Giovanni di Bicci possedeva già nel 1427.

Periodo:
1445 circa