Putto che porta un fulmine di Giove
Periodo:
Età claudio-neroniana, metà del I sec. d.C.
Luogo:
Firenze, Galleria degli Uffizi
Inventario:
Inv. 1914 n. 325
Marmo bianco a grana fine, h. cm. 77, largh. cm. 47.
Di restauro: gli angoli inferiori e quello superiore destro; il naso e i piedi del putto (cfr. Itinerario… 1992).
Un putto nudo, con un piccolo mantello svolazzante sulle spalle, porta sulle sue spalle un grande fulmine, attributo di Giove. Il fanciullo poggia i piedi su gradino stretto contro una parete ravvicinata. Tale parete è traversata da modanature, fra cui un semicolonna scanalata che termina in alto in un architrave.
Firenze, Palazzo Medici, loggia del giardino (Vasari 1568); Galleria degli Uffizi (dal 1825).
Il frammento di lastra raffigurante un Putto che porta il fulmine di Giove doveva far parte del ciclo di rilievi convenzionalmente denominato “dei Troni”, ben noto nel Rinascimento dalla prima metà del Quattrocento e considerato opera di Prassitele o Policleto (Beschi 1984-85). Il pezzo più importante del ciclo è una lastra integra del Louvre (inv. n. 1662), cui si annettono vari frammenti di diversa ubicazione. Da tali elementi si ricava che l’insieme presentava una serie di troni vuoti, ciascuno affiancato da putti che portano gli attributi del nume (Itinerario… 1992). L’opera è stata datata nell’età claudio-neroniana, dunque alla metà del I sec. d.C..
Il rilievo è da identificarsi con uno dei “quadretti di mezzo rilievo” che secondo il Vasari (1568; vedi Archivio/Antologia) erano appesi in sequenza sulla parete di fondo della loggia del giardino in Palazzo Medici. Gli altri elementi componenti la serie sono da riconoscersi nei rilievi con Antinoo e con Due eroi a colloquio, ancora in Palazzo Medici Riccardi, e in quello con Kairos di ubicazione ignota (Beschi 1983). Il Vasari ricorda due putti raffigurati nel rilievo, che dunque deve considerarsi frammentario.
Non si conoscono gli spostamenti e le collocazioni del rilievo con il Putto che porta il fulmine di Giove fino al 1825, quando è entrato nella Galleria degli Uffizi, donato da Giovanni degli Alessandri, allora direttore.